el charco

Quante parole, quante nomenclature per uno stesso scompiglio. A volte mi convinco che la stupidità si chiama triangolo, che 8x8 è la follia o un cane -Julio Cortàzar-

17.11.06



Mercoledì 22 novembre appuntamento al caffè Fandango con la presentazione de L’ora azzurra di Alonso Cueto e Andamios, il romanzo del ritorno di Mario Benedetti. La lettura dei brani tratti dalle due opere sarà accompagnata dalle musiche di Filippo La Porta e dei Latin Connection Quartet.
Vi aspettiamo tutti al Caffè Fandango - Piazza di Pietra 32/33 – 00186 Roma – tel. 06.45472913 – caffefandango@caffefandango.it

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7.11.06

Alonso Cueto: l'intervista su L'ora azzurra

Ti ringrazio per aver accettato di rispondere alle nostre domande e curiosità.
Il protagonista de L’ora azzurra, Adrian Ormache, dopo aver conosciuto l’oscuro passato del padre, figura assente nella sua vita, penetra, in una discesa infernale, nella vita e nelle sofferenze di Miriam, vittima delle violenze del padre militare in un conflitto che in Perù, ha assunto connotazioni assai cruente.
Perché hai voluto raccontare questa storia?


In molte occasioni, mi sono incontrato con persone che mi raccontavano storie e mi dicevano “spero che ti servano per il tuo prossimo libro”. Nessuna di queste storie mi è servita, ovviamente. Mentre quelle che ascolto un po’ per caso mi sono sempre state molto utili.
Alcuni anni fa, ho pranzato con un amico, un giornalista d’inchiesta, il quale mi raccontò la storia di un generale dell’esercito che si innamorò di una prigioniera ad Ayacucho, che teneva reclusa nella sua stanza affinché non fosse violentata e fucilata dalle truppe. Ciò accadde nel 1983, durante il conflitto e la guerriglia di Sendero Luminoso. Dopo aver vissuto un tempo con il generale, la ragazza fuggì e andò a vivere a Lima. Non fu l’unica storia che mi raccontò quel giorno ma fu senz’altro quella che sopravvisse rispetto alle altre. Pensai che l’unica maniera di liberarmi di quella storia fosse appunto scriverla. Non potendomi identificare con il generale e neppure con la prigioniera, cercai un personaggio a me più vicino. Fu così che nacque l’idea che a raccontare la storia fosse il figlio del generale, un avvocato di Lima, che scopre la vicenda anni dopo e vuole cercare la donna prigioniera del padre.

Secondo te, la crisi di Adrian è il risultato di una voragine che si apre nella vita apparentemente perfetta di un uomo oppure è solamente la consapevolezza rabbiosa di un passato paterno che macchia il proprio prestigio di avvocato?

Adrian vive in un paradiso autosufficiente. Tuttavia l’evento paterno apre effettivamente un buco nero nel suo mondo armonico. Al principio, cerca di trovare la donna per evitare che ella possa macchiare il suo prestigio; poi comprende che rappresenta un modo per avvicinarsi alla vita del padre e alla propria. Alcune volte ho affermato che questa potesse essere un racconto di fate al contrario, ma a differenza dei racconti di fate, il protagonista vive in un mondo magico ed incantato ed entra nel mondo reale. Ha avuto la sensazione di aver vissuto in una bolla, lontano dalla realtà della quale era soddisfatto. Credo sia l’illusione di molti pensare che il nostro mondo sia intoccabile.
La storia è un viaggio verso il padre. Il tema del padre è cruciale nella cultura ispanoamericana.

Ciò che più colpisce nel tuo romanzo è la capacità di descrivere la violenza che hanno subito i contadini durante la guerra civile. Per raccontare questa storia hai dovuto penetrare all’interno dei segreti inconfessabili di entrambe le parti in conflitto. Quali fonti ti hanno ispirato?

La guerra è la miglior fonte di ispirazione per qualsiasi scrittore. Il Perù è un Paese che vive in uno stato di guerra latente a causa della sua composizione etnica, culturale e linguistica. Le differenze tra il mondo andino ed il mondo costiero, che ora iniziamo a salvaguardare, hanno generato un conflitto occulto spesso prodotto dal razzismo. Gli scrittori sono avvoltoi che si alimentano dei conflitti. Da quando esiste la letteratura, le storie sono state il risultato delle differenze, delle tensioni e delle carenze. Da una parte il conflitto genera le storie; in un mondo utopico, dove tutti convivono in armonia, non ci sarebbero storie oppure sarebbero estremamente noiose. Dall’altra, credo che le società siano abituate ad ignorare il dolore, la morte e la violenza, ostacoli che rallentano il proprio cammino. La letteratura è lo strumento che permette di rincontrare le verità dimenticate, accantonate dalla società.

Nel 2005 hai vinto il premio Herralde di narrativa, uno dei maggiori riconoscimenti alle opere di qualità latinoamericane e ispaniche. Da molti sei considerato l’erede di Vargas Llosa; ma quali sono realmente i tuoi “maestri”?

Vargas Llosa è un grande maestro; lo stesso posso dire di Juan Rulfo, Julio Cortazar, Juan Carlos Onetti e Borges. Tra gli scrittori italiani aggiungerei il nome di Antonio Tabucchi, specialmente quello di Sostiene Pereira. Bassani fu una lettura piacevole. Mi considero anche un devoto del “Principe” di Lampedusa. Ma se dovessi nominare lo scrittore che più mi entusiasmò come lettore, direi Henry James. Nessuno come lui descrisse l’epica della coscienza. La sua descrizione meticolosa e drammatica, obbiettiva e commovente dei processi interiori influì molto su di me.

1.11.06

Intervista su Nybramedia

gentili lettori,
riporto un'intervista fatta al sottoscritto sul sito dello straordinario Armando Adolgiso.

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